Cronache borgognone, settima e ultima parte
I migliori Grand Cru 2022 della Côte de Nuits (al netto dei grandi assenti)
Arriviamo, finalmente, all’ultima parte di questo enorme report che mi ha portato via il poco tempo libero avuto in questi tre mesi. Pensavo che riordinare le note di 800 assaggi, organizzarle, metterle in ordine e tradurle in un italiano accettabile aggiungendo elementi di contorno fosse un lavoro più agile, ma forse perché mediamente mi è capitato di scrivere di dieci vini dopo un evento, non di settanta.
In ogni caso, qui siamo agli oggetti del desiderio, i vini che molti sognano di bere almeno una volta nella vita, i cui prezzi sono decuplicati in dieci anni e la cui reperibilità è prossima a zero.
I Grand Cru della Côte de Nuits, insomma, logorano chi non li beve, e soprattutto logorano chi li beveva come fossero succo d’arancia dieci o vent’anni fa ed è stato costretto a un drastico ridimensionamento causa forte riduzione del proprio potere d’acquisto.
Un paio di precisazioni, prima di partire con i vini, sono necessarie.
La prima: dato che questo è un resoconto degli assaggi dei Grands Jours de Bourgogne dello scorso marzo, mancano numerosi pesi massimi. Niente Domaine de la Romanée-Conti, Leroy, Rousseau, Roumier, Mugnier, Dujac eccetera. E tanta nostalgia per i tempi in cui alcuni di questi nomi erano presenti e sbocciavano anche con una certa generosità.
La seconda è che i Grand Cru di Borgogna sono (ancora) vini che non si prestano ad essere apprezzati pienamente da giovani, ma richiedono un minimo di pazienza per poter restituire un’esperienza che possa essere all’altezza del loro lignaggio e delle cifre richieste. Per capacità di invecchiamento, ma anche per scelte enologiche. Per cui l’assaggio dei 2022, mediamente in bottiglia da pochissime settimane, è un esercizio di estrapolazione, che rende il mio giudizio altamente prospettico, tenendo conto che sono comunque vent’anni che pratico questa fine arte.
Ma ora, bando alle ciance. Stavolta, i vini sono tutti 2022. Eccoli.
PARTE SETTIMA E ULTIMA: COTE DE NUITS, I GRAND CRU
Nessuna regola, se non “un solo vino per produttore”.
Rossignol-Trapet – Latricières Chambertin Grand Cru 2022: un pochino a sorpresa, in cima alla lista c’è Rossignol-Trapet. Un nome mai hype, mai particolarmente sexy, mai particolarmente instagrammato né conteso alle aste. Ma Nicolas e David Rossignol conducono il Domaine di famiglia con maestria dal 1990, da tempo in biodinamica, mantenendo un basso profilo e altissime prestazioni, per citare qualcuno che di vino e di Borgogna se ne intende. E in questa annata dove non era facilissimo portare i Grand Cru ai loro massimi livelli, ci presentano un Latricières-Chambertin e uno Chambertin (molto vicino qualitativamente, quasi alla pari) da consegnare agli annali. Il naso è inevitabilmente compresso, data la ricchezza della materia che emana, tra richiami di confettura di more, prugna, sottobosco e un raffinato pot-pourri di spezie, maturo ma assolutamente non stramaturo, pulsante e di grandissimo impatto, ma senza nulla concedere in definizione. La bocca è piena, intensa, si arricchisce di una mineralità esplosiva, è potente ma perfettamente sorretta dall’acidità e da un solido ma raffinato tannino, croccante e polposa ma definita come una statua greca. Un vino esuberante che chiaramente sarebbe il caso di aprire fra almeno sette o otto anni, ma che rappresenta il miglior Latricières-Chambertin che abbia mai bevuto con l’eccezione delle massime versioni della Leroy.
Domaine Berthaut-Gerbet – Echezeaux Grand Cru 2022: vino di reperibilità estremamente ridotta, assemblaggio di tre differenti climat (le undici entità territoriali in cui vengono convenzionalmente suddivisi i 36 ettari dell’Echezeaux Grand Cru). Naso di grande intensità, molto floreale, spazia dalle ciliegie rosse e nere alla prugna, con una bella speziatura. Al palato mostra un’eccellente concentrazione, ma senza peso, con più energia che potenza, caratteristica di tutti quei vini di Borgogna considerati un punto d’arrivo, dalla Romanée-Conti in giù. Riesce a comunicare emozioni a un eccellente volume, senza privarsi nemmeno di un milligrammo della sua seducente grazia. Una prova davvero eccezionale per uno dei due manici che necessariamente ho dovuto citare tre volte in questo report. Nonostante possa invogliare già ora all’assaggio, comunque, è anch’esso un vino che richiede sette o otto anni di pazienza per dare il meglio di sé.
Cécile Tremblay – Echezeaux du Dessus Grand Cru 2022: ed ecco l’altra produttrice che si è guadagnata sul campo la terza citazione in questa mia personale hall of fame, e che a mio modesto parere ha presentato in assoluto la lineup di maggiore qualità, nonostante la concorrenza (Berthaut-Gerbet, Bruno Clavelier, Liger-Belair, Anne Gros) non mancasse di certo. Anche in questo caso si tratta di un vino prodotto in quantità estremamente limitate (600 bottiglie se ben ricordo), da uno dei climat più pregiati dell’Echezeaux. Naso in questo momento ancora condizionato dal legno, ma dietro c’è una grande complessità, fra amarene, violette, caffè e spezie orientali. Struttura importante e generosa, ai limiti dell’opulenza se non fosse per la rinfrescante acidità che lo sostiene, tannino di grande eleganza, finale serio e appena tannico in cui emerge una profonda sapidità. Uno splendido Echezeaux, tra i migliori degli ultimi anni insieme a quello di Berthaut-Gerbet, ma che richiederà parecchia pazienza affinché tutta la sua materia trovi la perfetta armonia: personalmente, non lo toccherei per i prossimi 10-12 anni.
Domaine du Comte Liger-Belair – Echezeaux Grand Cru 2022: terzo Echezeaux della lista, e per capirci questi tre, mediamente, non sono inferiori a quello del Domaine de la Romanée-Conti; per Liger-Belair, si tratta anche del vino più caro sul mercato fra i settanta citati nella mia narrazione. La buona notizia è che è prodotto in quantità decisamente superiore ai due vini precedenti, quindi, a patto di essere disposti a sborsare alcune migliaia di euro, non è di impossibile reperibilità; se acquistarlo o meno sia una buona idea, è un altro paio di maniche. La lettura dei vini di Liger-Belair a questo stadio, al naso, è sempre una lettura di ciò che accade dietro i sentori del legno che sono ancora predominanti, ma va detto che dietro al legno, in questo vino, accade molto: frutti di bosco scuri in confettura, spezie dolci, terra bagnata, radici, tartufo nero. In bocca mostra potenza e struttura senza andare troppo per il sottile, se può esserci una “fruit bomb” in Borgogna ci andiamo vicini. Chiariamoci, la precisione non manca così come l’acidità, ma siamo vicini al sovraccarico sensoriale e chiaramente questo vino è spadone a due mani, non fioretto. Per gli amanti del genere, una bottiglia memorabile, di cui non si può non riconoscere la grande qualità anche qualora – è il mio caso, non si fosse capito – lo stile del produttore non sia quello che si vada ricercando in questi lidi. In ogni caso, nonostante la relativa prontezza al palato, almeno sette-otto anni per distendersi dovrebbero essere concessi.
Domaine Anne Gros – Richebourg Grand Cru 2022: la sempre affidabile Anne Gros, bontà sua, presenta ben quattro Grand Cru, tutti della qualità che ci si attende da un manico di questo livello. Difficile scegliere, ma dovendo farlo scelgo l’iconico Richebourg, probabilmente il più raffinato del lotto, anche se non la sua migliore versione di sempre. Nel 2022, annata e cru sovrascrivono il manico: il naso è esplosivo, super speziato, ribes rosso e nero, violetta e lavanda, tè nero, anice stellato, finocchietto. La bocca è di grande potenza, anche sacrificando un po’ la precisione (ma non l’equilibrio), materica, profonda, sapida, lunga. Un ottimo Richebourg, anche se non raggiunge le vette di annate oggettivamente migliori per il cru come 2010 e 2006 (ma anche, più recentemente, 2016 e 2021). In ogni caso, questo è uno dei vini che richiedono più pazienza in tutta la Borgogna, e dieci per non dire dodici anni di attesa saranno necessari per apprezzarlo al meglio.
Domaine Castagnier – Clos St. Denis Grand Cru 2022: Produttore che gioca un po’ a nascondino, non essendo né particolarmente in hype né particolarmente commerciale, ma la qualità la fa e i vini sono là fuori a dimostrarlo, basta saperlo. Come spesso (ma non sempre) succede, il miglior vino di Morey Saint Denis viene dalla vigna che dà il nome al comune: in particolare, quest’anno, tutti i Clos St. Denis presentati a fianco dei Clos de la Roche dello stesso produttore e annata gli sono risultati, sul mio personalissimo taccuino, superiori. L’apertura al naso è ampia, piena, potente e muscolare ma anche fine, piena di frutta matura rossa e nera con il giusto supporto speziato. La bocca è coerente, per intensità e definizione, non delude né in quantità né in qualità, bello spunto finale. Risultato davvero degno di nota, per un vino che mi appare relativamente più pronto e leggibile di altri della stessa levatura, per cui quattro o cinque anni di bottiglia potrebbero risultare un tempo di attesa sufficiente.
Domaine Ponsot – Clos de la Roche Grand Cru 2022: vino che costituisce uno dei punti di riferimento, se non IL punto di riferimento, a Morey Saint-Denis, al netto di un periodo di appannamento vissuto nella seconda metà degli anni Novanta. Naso un po’ chiuso, austero, ribes rosso e nero, assai speziato, un accenno terroso. Il tannino è ancora dominante nella bocca muscolare, materica, il frutto è croccante, c’è potenza -tanta- ma anche controllo, il finale è lungo e ancora serrato. Un’eccellente versione di questo vino, notoriamente fatto per durare ed essere apprezzato da maturo, il che significa assolutamente non toccarlo per dieci o dodici anni se si vuole berlo nelle migliori condizioni.
Domaine Drouhin-Laroze – Chambertin Clos de Bèze Grand Cru 2022: ritorniamo a Gevrey con un altro Domaine decisamente non modaiolo, e anche un po’ snobbato dai bevitori di grandi etichette, ma che generalmente tira sempre fuori degli ottimi vini a prezzi che possiamo continuare a considerare ragionevoli; quest’anno, ho particolarmente gradito il loro Clos de Bèze, interpretazione solidissima di un millesimo insidioso. Il naso è molto indietro, sotto il legno si colgono note di griotte, spezie, rosa appassita e un accenno balsamico. La bocca è più compiuta, fresca e tesa, con un tannino di ottima fattura che non avrà problemi a integrarsi. Per essere un grande Clos de Bèze gli manca un filo di complessità e densità, ma ho particolarmente apprezzato la gestione dell’annata calda. Come nella media di questi Grand Cru 2022, prevedo che in sette o otto anni raggiungerà il punto ideale della sua finestra di bevibilità.
Marchand-Tawse – Mazis-Chambertin Grand Cru 2022: un nome che generalmente fatica ad apparire nelle liste dei migliori, ma che in questo millesimo e questo cru mi ha davvero convinto. Naso molto fine, bella speziatura, frutti di bosco neri, prugna, terra bagnata, violette appassite, già composto e complesso. La bocca rimane succosa, di buona struttura, già piuttosto bilanciata con una bella sapidità, potente e lunga. Profilo un po’ cupo, ma eccellente interpretazione di cru e annata. Anche in questo caso, l’attesa richiesta per il massimo godimento dovrebbe aggirarsi fra sette e otto anni.
Domaine Tortochot – Charmes-Chambertin Grand Cru 2022: altra azienda non modaiola, ma gli addetti ai lavori sanno che lavora bene e propone vini validi e territoriali a prezzi ragionevoli. In una batteria di qualità davvero alta, la spunta quello che è il fiore all’occhiello dei cru aziendali. Naso un po’ chiuso, frutti neri e spezia, bocca indietro, tannino ancora importante ma sotto c’è una gran materia. Serio e austero, ma lungo, composto e di gran precisione. Versione austera, classica di un cru che sa dare grandi soddisfazioni; suggerirei di attenderlo fra gli otto e i dieci anni.
E così, abbiamo finito. Dopo questo pippone di dimensioni bibliche, riprenderò la “normale” programmazione di questa newsletter affrontando argomenti che riterrò interessanti (sono benvenuti i suggerimenti all’indirizzo domande@fabiocagnetti.com ). Per i milanesi, il nuovo Corso di Sopravvivenza Enoica inizia il 9 settembre, scrivete pure a nonlasolitavineria@gmail.com per informazioni e prenotazioni. Per chi mi legge ma non ha effettuato l’iscrizione, la sopravvivenza di questa newsletter dai social è molto in bilico vista la quantità di segnalazioni che ho ricevuto (non posso più mandare il link nemmeno via messaggio privato), per cui il suggerimento è di iscriversi in modo da ricevere ogni nuovo numero via email – cercherò di scrivere qualcosa una volta a settimana escluso il mese di agosto. A chi è già iscritto posso solo dire GRAZIE, vedere che mi leggete e apprezzate è il carburante che mi fa andare avanti e la migliore medicina preventiva per la mia salute mentale, in questi tempi difficili.
A presto!
…e grazie per il supporto!