Come immagino sappia anche chi vive in orbita sulla Stazione Spaziale Internazionale, sabato scorso siamo entrati nell’Anno del Dragone, probabilmente il più evocativo e immaginifico dei segni del calendario cinese, tanto è vero che si prevede un piccolo boom delle nascite nel 2024.
Oggi, il cuore pulsante del vino è indubbiamente in Asia. Quel vibrante entusiasmo di una scena di bevitori assetati pronti a degustare meraviglie e a espandere i propri orizzonti e la propria esperienza era un tempo associato a Parigi e Londra, poi a New York e San Francisco -che pure sono tutt’altro che scene morte- ma oggi per ritrovarlo bisogna andare in Cina (o a Singapore). Sulle tavole di Shanghai, Hong Kong, Pechino e Taipei si aprono bottiglie che in Europa si aprono ahimè sempre meno. Senza paura di esplorare il passato, di salire su una macchina del tempo alimentata da storici capolavori.
Mi sembra quindi interessante fare un breve excursus degli ultimi cinque anni del Dragone, uno per ogni elemento, indicando quali bottiglie oggi siano in grado di offrire il massimo godimento e come è stata l’annata nelle principali regioni vinicole europee, ovviamente augurando a tutti che la vendemmia 2024 sia memorabile.
2012: DRAGO D’ACQUA
Miglior regione: Champagne
Un’annata iniziata malissimo, tra pioggia, gelate e peronospora, e salvata miracolosamente da un agosto e un settembre perfetti. Il risultato è l’Unicorno di alta concentrazione e alta acidità, quasi invariabilmente appannaggio solo delle più grandi annate, soprattutto in prospettiva di invecchiamento. Lo strascico dei primi sette mesi dell’anno è una produzione quantitativamente molto limitata, motivo per cui dopo la vendemmia si vedevano comunque musi lunghi in Champagne e che ha portato alcuni grossi nomi (su tutti, Krug) a non dichiarare il millesimo preferendo dedicare la poca uva di qualità eccezionale ai vini di riserva.
Vino dell’annata: Clos des Goisses 2012 Philipponnat
Uno Champagne unico nel suo genere, da una delle vigne più storicamente vocate (ossia più calde) dell’intera regione. Clos des Goisses ha sofferto meno di altri l’inizio dell’annata, e il risultato è una cuvée a maggioranza pinot nero (che si è comportato meglio dello Chardonnay) che ha tutto: potenza, energia, spirito del territorio, mineralità da vendere e abbastanza acidità da poter invecchiare ancora per parecchi anni del Dragone.
Menzioni d’onore: Krug non ha dichiarato il millesimo, per cui la 168esima uscita della sua Grande Cuvée beneficia non poco delle uve della 2012, annata perfetta per lo stile Krug che ha sempre puntato sulla combinazione di opulenza e freschezza; un salutare ritorno alla forma dopo qualche anno sottotono. Cristal 2012 Roederer è una delle grandi uscite di questo Champagne che i degustatori più snob liquidano come “da discoteca”, ma in realtà la maison lavora sempre più duramente (e in biodinamica!) perché questa cuvée sia sempre almeno in linea con le aspettative. Tra i recoltant, alcuni (su tutti Selosse e il suo vicino Bouquin-Dupont, uno dei più straordinari rapporti qualità-prezzo in Champagne) non sono ancora usciti con i millesimati, ma certamente i più bravi, da Laherte a Larmandier-Bernier passando per Marguet, hanno fatto molto bene.
E nelle altre regioni?
A Bordeaux è stata un’annata problematica, prima troppo fredda e piovosa, poi troppo calda, con blocchi fenolici, tannini verdi e una finestra di vendemmia ristretta prima che tornassero le piogge; qualcuno si è salvato, ma è un millesimo che non ricorderemo in positivo.
In Borgogna è stata un’annata molto, molto problematica tra gelo, grandine e poi caldo torrido nonché piogge in vendemmia. Una delle annate più piccole quantitativamente parlando, ma come sempre in Borgogna non si può fare di tutta l’erba un fascio. Considerando che molti produttori hanno fatto uscire un quarto o un quinto delle bottiglie che fanno uscire in un’annata normale, in alcuni casi questa selezione draconiana ha portato a vini deliziosi, succosi e ben equilibrati. Con i Roumier e i Fourrier della situazione non si sbaglia mai, tenendo conto che la Côte de Nuits ha fatto meglio della Côte de Beaune e che i bianchi hanno sofferto di più la botta di calore, tra basse acidità e profili tropica(na)leggianti.
Nelle Langhe la primavera è stata disastrosa con gelate, l’estate calda e siccitosa. Molti vini sono cotti, alcolici, con tannini squilibrati, quelli che hanno fatto bene ci sono ma sono eccezione e non regola; a pescare la bottiglia giusta, ci ritroviamo vini classici, eleganti, ma che non invecchieranno bene come i 2006 o i 1999.
In Toscana è stata un’annata mediamente torrida, con le vigne meno vocate che hanno sofferto, per cui ci ritroviamo con surmaturazioni, acidità basse, eccetera; chi è riuscito a interpretare bene l’annata ha tirato fuori vini buoni, anche ottimi, ma attenzione perché non saranno mostri di longevità.
In Mosella è stata un’annata di grandi acidità e buone maturità, molto variabile per cui suggerirei di fermarsi ai produttori più capaci, che dal Kabinett all’Auslese hanno saputo tirare fuori ottimi profili classici.
2000: DRAGO D’ORO
Miglior regione: Bordeaux
La vendemmia 2000 è stata particolarmente attesa in tutto il mondo per ovvie ragioni simboliche e di marketing, ma l’unico territorio che ha effettivamente prodotto “i vini del secolo” è la regione vinicola per antonomasia: Bordeaux.
Primavera fredda, estate calda, piogge al momento giusto. Annata perfetta su entrambe le sponde della Gironda, vini potenti, concentrati, tannini importanti ma di grana finissima, acidità che garantiscono cent’anni e più di evoluzione positiva nei vini di riferimento. I Bordeaux 2000 erano scarsamente leggibili all’uscita, autentiche muraglie di estratto e tannino, ma sono il materiale di cui sono fatte le leggende, quali i 1947 e i 1961.
Vino dell’annata: Chateau Latour 2000
Avevo davvero l’imbarazzo della scelta in un’annata così. Ho scelto Latour perché è “il 2000 più 2000 di tutti”, una bottiglia incredibile per potenza, complessità, concentrazione, purezza e precisione. È ovviamente un vino “tanto”, ma chi vuole bere un Bordeaux 2000 non cerca leggerezza, cerca emozioni così intense da stordirti. Oggi è ancora giovane, ma fra 20 o 30 anni lo vedo paragonato a Latour 1961, che insieme a Mouton Rothschild 1945 è “il vino perfetto” per antonomasia. Nel 2100 sarà un vino da sogno.
Menzioni d’onore: francamente qui sarei cascato bene con qualsiasi Premier Cru Classè di Bordeaux e non solo con quelli. Lafite Rothschild 2000 è straordinario, quintessenziale Lafite tra la grafite di Pauillac, il legno di cedro e i frutti di bosco scuri, vale praticamente quanto detto con Latour ma forse con qualche cavallo motore in meno. Mouton-Rothschild 2000 avrei voluto metterlo come vino dell’annata anche solo per l’iconica bottiglia con il montone serigrafato in oro. È il miglior Mouton-Rothschild dagli anni Sessanta a questa parte, ma non è potente come gli altri due (e forse nemmeno così preciso). Margaux 2000 è finezza pura, forse il più complesso e raffinato a questo stadio evolutivo. Haut Brion 2000 è la quintessenza di Haut Brion, una fumeria di tabacco e spezie, già affascinante. La Mission è più 2000 e meno Mission, ma più potente del fratello. E sulla riva destra Petrus, Lafleur e Le Pin sono tutti vini vicini alla perfezione. Ma anche con degli Chateau “minori” in questa annata non ci si può sbagliare: vini come Ducru Beaucaillou, Leoville Las Cases, Pichon Baron sono tutti strepitosi.
E nelle altre regioni? Nelle altre regioni si è sperato, e poi provato a comunicare mentendo, che la 2000 fosse una vendemmia straordinaria, ma così non era.
In Borgogna l’annata è stata prima problematica, poi calda con piogge in vendemmia in Côte de Beaune. Chablis ha regalato un eccellente millesimo, ma forse ci sono solo 2-3 produttori che vale la pena bere ora. I rossi della Côte de Beaune sono praticamente tutti defunti o sul viale del tramonto, per il resto conta tantissimo il manico. I rossi della Côte de Nuits sono perlopiù in parabola discendente – certo, La Tache 2000 è una meravigliosa fumeria d’oppio, ma è un caso isolato – mentre qualche bianco, ma non la maggioranza, tiene. In generale comunque sono vini che avrebbero dovuto essere già bevuti.
In Champagne è stata un’annata calda, non da conservare per un quarto di secolo, con rare eccezioni tra le cuvée più importanti. Si può fare di tutta l’erba un fascio anche per la maggioranza dei vini delle Langhe e della Toscana, pressoché tutti in parabola discendente.
In Germania invece i problemi sono stati pioggia e muffe: solo una manciata di vini dei migliori produttori è valida.
1988: DRAGO DI TERRA
Miglior regione: Toscana
Il 1988 in Toscana è stato un millesimo perfetto che ha dato vini di grande espressività, struttura, con tannini importanti e la giusta acidità. Sono in molti casi vini che tuttora riescono ad emozionare.
Vino dell’annata: Pergole Torte 1988
Uno dei più grandi risultati dell’enologia italiana, di quella toscana, del genio di Giulio Gambelli e di Montevertine. Tutto quello che si può desiderare dal sangiovese, tutto insieme. I vini di Montevertine si prestano particolarmente al lungo invecchiamento, e a 36 anni dalla vendemmia questo capolavoro è attualmente al suo apogeo. Godimento assoluto.
Menzioni d’onore: Sassicaia 1988 è uno dei tre migliori Sassicaia di sempre. A Montalcino, i soliti sospetti (Soldera, Salvioni, Biondi Santi…) hanno fatto vini grandiosi, insomma tutti i grandi manici hanno tirato fuori vini all’altezza dell’annata. L’unica zona in cui il 1988 è stato ottimo, ma non davvero clamoroso è il Chianti: mi trovo spesso a preferire i Chianti Classico 1986 ai pur validi 1988.
E nelle altre regioni?
A Bordeaux è stata un’annata buona, non potente e concentrata come 1982, 1989 o 1990, con un livello medio alto ma senza picchi da tramandare di generazione in generazione. Tuttavia, sono vini che si continuano a bere molto bene.
In Borgogna fu un’annata buona, meglio in rosso che in bianco, meglio in Côte de Nuits che in Côte de Beaune. Chi più chi meno, tutti i vini sono in parabola discendente, e solo i produttori più capaci, possibilmente con i loro cru migliori, giustificano oggi un’apertura.
In Champagne è stata un’annata leggendaria, al livello della Toscana. Krug 1988 è uno dei più grandi Krug di sempre, ma in generale le cuvée più importanti erano e sono vini di livello assoluto, sempre tenendo conto che dagli Champagne evoluti non ci si può aspettare l’effervescenza e la freschezza di quelli con pochi anni sulle spalle.
Nelle Langhe è stata un’annata buona, ma non memorabile, offuscata da 1989 e 1990. I migliori esempi sono ancora bevibili.
In Mosella, è un millesimo memorabile per i vini dolci, Auslese, Beerenauslese e Trockenbeerenauslese. Anche produttori meno importanti dei soliti 4-5 nomi di punta possono riservare piacevoli sorprese.
1976: DRAGO DI FUOCO
Miglior regione: Champagne
Annata, strana, almeno a raccontarla come la raccontavano all’epoca. Caldissima e precoce, ha dato vita a Champagne potenti e maturi, ma un po’ bassi di acidità, Nel ventunesimo secolo, questa descrizione coincide con la classica annata calda del cazzo, ma devi tenere conto che il caldo assurdo del 1976 non è come quello del 2003 o del 2022. Il caldo assurdo del 1976, nonostante i timori per le acidità non particolarmente elevate, ha dato vita a Champagne strepitosi di cui i migliori esempi sfidano il tempo.
Una nota necessaria è che qui entriamo, soprattutto parlando di Champagne, in territori riservati agli appassionati di vini maturi, che sanno apprezzare i cambiamenti dovuti a un’evoluzione in bottiglia durata decenni. Parlando di quarantotto anni fa, è altresì inevitabile che solo i vignaioli di punta abbiano prodotto vini ancora in piedi.
Vino dell’annata (ex aequo): Comtes de Champagne Rosè 1976 Taittinger e Chateau d’Yquem 1976
Questa è casa mia, quindi se voglio mettere due vini a pari merito lo faccio. Uno Champagne rosé e un vino dolce sembrano una strana coppia, e forse lo sono, ma mi è davvero difficile scegliere, anche se Comtes de Champagne Rosé l’ho bevuto una volta sola (ed è il miglior Champagne rosé che abbia mai bevuto insieme a Dom Ruinart Rosé 1988) mentre Yquem 1976 lo conosco a memoria (e gli preferisco 1967 e 1975, oltre ad alcuni millesimi più antichi).
Complici l’annata freak e il dosaggio generoso dell’epoca, Comtes de Champagne Rosé 1976 è un vino barocco, confetturoso, una deliziosa, irresistibile caramella alla frutta, ancora denso e pieno di gusto. Non somiglia a un Borgogna come molti, eccellenti vecchi Champagne, ma più a un vino dolce che ha perso dolcezza e raggiunto uno stadio di supremo equilibrio e complessità.
Yquem 1976 è ancora giovane, del resto il più grande Sauternes e probabilmente il più grande vino dolce del mondo è in grado di sfidare i secoli e non ha senso berlo prima di trent’anni dalla vendemmia. Oggi questa è una bottiglia grandiosa, ma fra trent’anni lo sarà ancora di più. È stata un’annata con una concentrazione irreale di muffa nobile, cosa che ritroviamo anche in Alsazia e soprattutto in Mosella. È ancora pieno di frutta fresca, oltre che candita e disidratata, clamorosamente stratificato, densissimo, con un’acidità ancora vivace per non dire pungente. Leggendario, tenendo presente che è una spremuta di muffa nobile (che dà un ventaglio infinito di note, tra cui le più tipiche sono zafferano, zenzero, miele, albicocche secche, eccetera, eccetera eccetera) e qualcuno potrebbe preferire annate meno “freak”.
Menzioni d’onore: qualsiasi cuvée de prestige di Champagne di questo millesimo ha la possibilità di essere una bevuta memorabile, da Krug a Bollinger R.D. passando per Clos des Goisses. I grandi riesling dolci (Auslese, Beerenauslese e Trockenbeerenauslese) dei massimi produttori tedeschi (Egon Müller, J.J. Prüm, Fritz Haag, ma all’epoca anche Christoffel-Prüm) meritano di essere citati insieme agli altri, tenendo sempre conto di quello che ho detto sulla concentrazione incredibile di muffa nobile di questi vini… alcuni sono color mogano alla vista, ma sono perfettamente in vita! È assai divertente confrontare i riesling 1976, scuri e pieni di botrite, con i 1975, trasparenti ai confini del verde. Due annate meravigliose che non potrebbero essere più differenti.
E nelle altre regioni?
A Bordeaux annata torrida che ha dato vini surmaturi ormai perlopiù defunti. Possono essere bevibili i soliti Premier Cru, ma perché spendere tutti quei soldi per vini tutt’altro che emozionanti?
In Borgogna annata migliore delle precedenti ma anch’essa troppo calda, con blocchi fenolici e tannini o verdi o durissimi, almeno all’epoca; oggi è praticamente tutto scollinato. Meglio la Côte de Beaune (dove in effetti ho bevuto un paio di cose interessanti, che in gioventù devono essere state dure come la vita, nominalmente il Corton Grand Cru e il Beaune 1er Cru Greves Vigne de l’Enfant Jesus entrambi di Bouchard) della Côte de Nuits, bianchi da dimenticare.
In Italia, non mi è mai capitato un vino di questo poco considerato millesimo che mi abbia fatto saltare sulla sedia; qualcosa di bevibile qua e là, ma possiamo dire con ottima approssimazione che di interessante ci sia rimasto ben poco.
Sulla Mosella ho già detto: i vini dolci sono formidabili.
1964: DRAGO DI LEGNO
Miglior regione: Langhe
Celebrata come annata del secolo, dopo due millesimi sciagurati, la 1964 in Langa è stata la classica annata molto calda in cui all’epoca, quando il caldo non era quello di oggi, speravano tutti. È sopravvissuta in molti casi al peso dei decenni dando vini ancora succosi, carichi, con una rispettabile quantità di energia residua. Personalmente preferisco la compostezza e la precisione dei 1961, ma non c’è dubbio alcuno che siamo di fronte a un millesimo ancora meraviglioso.
Vino dell’annata: Barolo Riserva Monfortino 1964 Giacomo Conterno
Il più grande vino italiano, in questo millesimo leggendario, è soggetto, bevuto oggi, a una grande variabilità. Per il postulato di vinogodi, il livello di un vino è pari a quello della sua migliore bottiglia a un dato stadio evolutivo. Beh, la migliore bottiglia di Monfortino 1964 mai bevuta l’ho bevuta nel 2009 e ci sono poche parole per descriverla. Il Barolo perfetto, potenza e controllo, complessità, evoluzione solo positiva, tannino fine e risolto, acidità ancora vigorosa, frutto ancora vivace, persistenza infinita. Altre bottiglie bevute prima, durante e dopo, specie se messe fianco a fianco con la 1961, la 1958 o la 1943, non sono mai state buone quanto quella, pur senza mai deludere. Vale la pena provare? Certamente, se la fonte della bottiglia è affidabile.
Menzioni d’onore: chi lavorava bene in Langa nel 1964 ha fatto dei grandi vini. Bartolo Mascarello 1964 da magnum è mediamente ancora meglio di Monfortino (ma quella singola bottiglia bevuta nel 2009 fa la differenza, ripeto che per me non conta fare una media), così come grandiosi sono il Barolo di Giuseppe Rinaldi, la riserva di Giuseppe Mascarello e il Barbaresco di Gaja.
E nelle altre regioni?
Per quanto riguarda Bordeaux, è necessario ricordare che sulla riva destra della Gironda, dove prevale il merlot, che matura presto, si vendemmia nettamente prima che sulla riva sinistra, dove prevalgono i tardivi Cabernet. Questo diventa un fattore decisivo per valutare un’annata come la 1964, calda e pressoché ideale fino a settembre, in cui l’ordine degli eventi è stato: si sono raccolte ottime uve sulla riva destra, ha iniziato a piovere, si sono raccolte pessime uve sulla riva sinistra. Quindi luce verde, con prudenza, su St.Emilion e Pomerol, luce rossa sul resto.
In Borgogna fu una grande annata per i rossi, potenti e concentrati, di cui i migliori grandi anche al giorno d’oggi; il problema è che quelli che vale la pena bere (ossia i nomi di eccellenza assoluta, da Romanée-Conti a Leroy passando per De Vogue) costano come un’utilitaria. Bianchi da dimenticare.
In Champagne, annata al limite del leggendario, con le migliori cuvée ancora perfettamente in piedi e in grado di emozionare. Ovviamente per chi sa come evolvono gli Champagne.
In Toscana le condizioni sarebbero state ideali per dare alla luce vini in grado di sfidare i decenni, ma pochissimi erano in grado di farlo. Tuttavia, la Riserva 1964 del Brunello di Montalcino di Biondi Santi è, seppur non all’altezza della mitica 1955, tra le più grandi di ogni epoca.
Anche in Mosella l’annata ha prodotto vini leggendari. Se trovi un Auslese (o un BA/TBA) anche di un produttore di seconda fascia, se la bottiglia sembra in buono stato puoi rischiare di aprirla e trovare qualcosa di memorabile.
Questo è quanto, riparleremo di capodanno lunare tra dodici mesi. Peraltro stavo pensando, per l’Anno del Serpente 2025, di organizzare una degustazione memorabile con vini delle annate 2013, 2001, 1989 e 1977. Ti sembra una buona idea? Fammelo sapere all’indirizzo domande@fabiocagnetti.com !